Pesaro, il sindaco Ricci: "Don Gaudiano è stato un grande pesarese, dobbiamo difendere e rilanciare i suoi valori"

Pesaro, il sindaco Ricci:

Ricordato il prete degli ultimi a 25 anni dalla scomparsa

di Ufficio Stampa

«Anche oggi don Gaudiano sarebbe stato in prima linea. Senza paura di andare controcorrente», rileva Matteo Ricci. Prima con gli studenti, poi con la città al teatro Rossini, 25 anni dopo, c’è un «patrimonio di valori da difendere e rinnovare». Il sindaco - insieme a Ivano Dionigi, don Franco Tamburini, Teresa Federici e agli operatori della rete - lo fa con don Luigi Ciotti: «Non c’è testimone migliore di lui, che porta avanti da anni battaglie per la solidarietà, l’accoglienza, l’inclusione». Nel parallelismo, il rimando al ‘prete degli ultimi’: «Don Gaudiano è stato uno dei pesaresi più grandi – osserva Ricci -. Buttava il cuore oltre l’ostacolo, con il passo più lungo della gamba, per corrispondere ai bisogni degli altri. Prima faceva, poi cercava di strutturare e normalizzare». Tra i primi a capire le nuove emergenze, dall’handicap alle tossicodipendenze, «ha costruito la grande rete pesarese del sociale. Anticipando i tempi. Credeva che una città guardata con gli occhi degli ultimi fosse più giusta. Ha fatto aprire gli occhi a tanti su cose che non si volevano vedere. Una lezione da difendere e rinnovare. A maggior ragione in una fase storica dove prevalgono paura e chiusura rispetto a speranza e apertura». Secondo il sindaco, «nella città è ancora forte la dimensione solidale. Che è un valore storico: pensiamo agli sfollati del centro accolti dai contadini nella seconda guerra mondiale. Oggi siamo di nuovo in un momento di bisogni crescenti. Cambiano le emergenze e le questioni sociali, ma c’è sempre necessità di impegno e idealità. Pesaro è bella perché ha fatto della solidarietà la sua stella polare. Anche grazie a don Gaudiano, che non ha escluso nessuno».
 
DON CIOTTI - Dice il fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera, a margine dell’iniziativa: «Don Gaudiano è stato testimonianza di una Chiesa che ci invita a guardare verso il cielo, senza distrarci dalla responsabilità che abbiamo verso la terra. Ha messo sempre al centro i bisogni delle persone, si è inventato di tutto, moltiplicando l’accoglienza. Ma è andato anche oltre, con il riconoscimento dell’uomo. Dalla strada ha colto le fragilità e i problemi, ‘ungendo’ tutto con la dignità per le persone. Era innamorato di Dio, ma anche della sua città. Un sacerdozio profondo».
 
 

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